Apre al Mauto – Museo Nazionale
dell’Automobile la mostra Ritorno al futuro. Prototipi di tempo,
a cura di Gianluigi Ricuperati, che esplora la relazione
profonda tra due degli oggetti di design di massa più iconici –
gli orologi e le automobili – mettendone in luce le risonanze
emotive, meccaniche e simboliche. La mostra celebra il
quarantesimo anniversario di Ritorno al Futuro, il film in cui
un’automobile si trasforma in una macchina del tempo.
“La mostra conferma il ruolo del Museo quale dispositivo del
contemporaneo. Un lavoro avviato due anni fa con i progetti di
Paul Etienne Lincoln, Cristian Chironi, Robert Kusmirowski e che
prosegue con il riallestimento del percorso di visita permanente
che, da fine ottobre, vedrà l’innesto di opere d’arte del
secondo Novecento in dialogo con la nostra collezione: bolidi
del passato, capolavori di stile, hypercar e prototipi
futuristici” spiega Lorenza Bravetta, direttrice del Mauto.
Protagonista della prima parte di esposizione è l’iconica
DeLoreanDmc-12 del 1981 disegnata da Giorgietto Giugiaro,
corredata da figurini e lucidi – provenienti dall’Archivio
Italdesign – selezionati per raccontare il processo il creativo
dietro alla vettura che ha segnato la storia di cinema e del
design. La vettura – caratterizzata da superfici piane, spigoli
vivi, carrozzeria in acciaio inossidabile non verniciato e
spettacolari porte ad ali di gabbiano – incarna la visione di
una vettura sportiva futuribile, diventata l’espressione
estetica di un’epoca, cui continuano a fare riferimento i car
designer di oggi. Oltre alla automobile e ai suoi disegni, la
mostra omaggia il capolavoro pop con una serie di oggetti di
scena originali dalla lavorazione del film, provenienti dalla
collezione straordinaria di Bill e Patrick: il tastierino
numerico Trw e l’interruttore dei circuiti temporali, entrambi
appartenenti alla “Macchina del tempo”.
Nella seconda parte, sono esposte dodici opere della serie
Suspended dell’artista Anri Sala, tra le voci più rilevanti del
panorama contemporaneo. Presentate per la prima volta insieme in
una sede museale, le opere – dodici come il numero di ore del
quadrante di un orologio – offrono una potente riflessione sulla
sospensione e fluidità del tempo.
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