In Giappone i ‘veicoli leggeri’ (più noti come Kei car dalla denominazione locale keijidousha che ha appunto questo significato) rappresentano fin dal dopoguerra una consolidata realtà, inizialmente a favore della motorizzazione dei Paese e dalla fine degli anni ’90 dello scorso secolo diventate una soluzione ai gravissimi problemi di parcheggio e stazionamento notturno nelle città.
 
     La nascita di queste ‘vetturette’ risale al luglio del 1948 quando il legislatore stabilì che per rientrare in questa classificazione – che allora godeva di esenzioni fiscali e altri aiuti – dovessero essere lunghe 2,8 metri, alte 2 e larghe non più di 1 metro. Furono posti dei limiti per i motori che se a 4 tempi non dovevano superare i 150 cc di cilindrata e i 100 se a 2 tempi.     Negli anni le norme tecniche per definire le Kei car sono evolute fino ad arrivare alla regolamentazione attuale, emanata nell’ottobre del 1998 La lunghezza non può superare i 3,4 metri, l’altezza (invariata dal 1948) i 2 metri e la larghezza 1,48 metri. Decisamente più grandi i motori, al massimo di 660 cc.     Oggi, dunque, i vantaggi delle Kei car, che circolano con targa gialla, sono sostanzialmente una inferiore road tax.     Pagano 7.200 yen cioè 40,56 euro contro i 29.500 – 111.000 cioè 166,2 – 625,37 euro delle normali auto con targa bianca a seconda della cilindrata. Ed è egualmente vantaggiosa l’imposta di acquisto. Oltre agli altri evidenti ‘plus’ connessi all’uso prevalentemente urbano, le Kei car risolvono soprattutto un problema che affligge i giapponesi al momento dell’acquisto.     Si tratta del Certificato di Stazionamento Automobilistico, che ufficializza se l’utente possiede uno spazio di sosta o ha un contratto di affitto dove parcheggiare quando rientra a casa.     Per Kei car, a seconda della città o della prefettura regione, questo documento viene richiesto o meno e questo costituisce un grosso impulso alla scelta.     Lo conferma il fatto che in Giappone, nonostante una contrazione del mercato generale, i ‘veicoli leggeri’ continuano a rappresentare il 34% circa delle vendite, stimolando l’aziende a rinnovare l’offerta e contemporaneamente allargando le possibilità di scelta della tipologia di carrozzeria.     Ecco spiegata la grande e variegata presenza delle Kei car al Japan Mobility Show, l’evento in svolgimento fino al 9 novembre a Tokyo. Oltre ai modelli già presenti – come Honda N-Box, Suzuki Spacia e Hustler, Daihatsu Tanto e Mira, Toyota Pixis Truck, Mazda Flair Wagon e Nissan Roox – negli stand di quello che di fatto è il Salone dell’Auto giapponese si sono viste molte novità, prima fra tutte la Kei-car elettrica firmata dal colosso cinese Byd.     Riflettori puntati dunque sulla Honda N-One e, che come viene evidenziato dalla lettera dispone della sola propulsione elettrica. E’ dotata di una batteria da 29,6 kWh che permette un’autonomia di poco meni di 300 km, valore che la renderebbe adatta anche alla vendita in Europa.     Mitsubishi ha invece esposto la sua Kei car denominata eK Space, la cui commercializzazione inizia proprio in concomitanza con il Japan Mobility Show. Si tratta dell’evoluzione radicale di un modello sul mercato dal 2013 dotata di un motore ibrido 660 cc. Sempre da Mitsubishi la nuova Delica che unisce alla tipica carrozzeria mini van del formato Kei car un look da suv urbano.     Se le Kei car giapponesi dovessero a breve arrivare in Europa uno dei modelli di maggiore successo sarebbe certamente la Suzuki Jimny Kei car Lei, versione specifica del noto mini suv della Casa di Hamamatsu. Ricordiamo tra l’altro che Toyota, Suzuki e Daihatsu hanno creato in Giappone una joint venture specifica per la progettazione e produzione di veicoli leggeri, e in particolare di quelli elettrici.     
Automobile Magazine – Italia





































































































