Chiarezza immediata sulle regole
dopo il 2035 e un cambio di marcia dell’Italia su
infrastrutture, fisco e costo dell’energia. Questi i messaggi di
Andrea Cardinali, direttore generale dell’Unrae, l’associazione
delle case automobilistiche estere, che avverte come il
dibattito sulla data di fine dei motori termici rischia di
diventare una distrazione, mentre il settore paga già oggi una
rivoluzione senza adeguati “fattori abilitanti”. Ne ha parlato
intervenendo al Forum ANSA su ‘auto, 2035 e competitività:
l’Europa cambia strada?’
“Quello sul 2035 è un dibattito che si trascina ormai da un
paio d’anni, è diventata una data feticcio”, ha affermato
Cardinali, ricordando che “la normativa vigente ad oggi prevede
un divieto di immatricolazione di nuove vetture a combustione
interna”, non il blocco di circolazione o dell’usato, come molti
credono. Ma sulle possibili modifiche, denuncia, “c’è una
fumosità ormai direi intollerabile” e la mancanza di testi e
bozze lo porta a “temere” l’ennesimo rinvio del pacchetto Ue.
La transizione è stata impostata “esclusivamente in termini
di obiettivi da raggiungere e in termini sanzionatori” per le
case, ha spiegato, che “stanno già pagando da un paio d’anni
delle multe miliardarie” sulle emissioni. “La mobilità elettrica
è un ecosistema, non è un prodotto come un altro”, avvertito,
segnalando il bisogno di “enabling factors” che però l’Unione
“non ha finanziato né imposto agli altri stakeholder”.
Il primo nodo è la rete di ricarica: “Oggi la stragrande
maggioranza dei punti di ricarica è concentrata in tre Paesi su
27 e l’Italia, in termini di capillarità, è al 16esimo posto
nell’Unione europea“, ha ricordato Cardinali, segnalando che la
penetrazione delle auto elettriche nel nuovo “si aggira intorno
al 5%” nonostante incentivi rapidamente esauriti. Una situazione
anomala se confrontata con Paesi come “Bulgaria, Portogallo,
Romania, Grecia”, dove il Pil pro capite è anche inferiore a
quello italiano ma la quota di auto a batteria è più alta.
L’altro Grande freno è il costo dell’energia, che colpisce
sia l’industria sia i consumatori. “In Italia non si riesce a
essere competitivi né sulle vecchie né sulle nuove tecnologie”
perché è un’industria energivora “che semplicemente non è
classificata come tale” e «i costi di ricarica nelle
infrastrutture pubbliche sono estremamente elevati”.
Quanto alle flotte aziendali potrebbero essere il vero
“volano” della transizione, ma in Italia la fiscalità è
“estremamente penalizzante rispetto alla maggior parte degli
altri Paesi europei”, svantaggiando le aziende rispetto alle
concorrenti tedesche o francesi.
Il messaggio finale di Cardinali è stato un richiamo alle
responsabilità: “All’Europa dico fate presto perché ci serve
chiarezza, chiarezza subito e oltre il 2035”, e non “soltanto
dare un calcio al barattolo e ritrovarsi cinque anni dopo, dieci
anni dopo, con gli stessi identici problemi”. “All’Italia dico
facciamo la nostra parte», a partire dal fisco e dall’uso pieno
delle risorse del Pnrr per ricariche elettriche e idrogeno,
perché “l’Europa i soldi ce li aveva dati” e il Paese non può
più permettersi di sprecarli.
Automobile Magazine – Italia






































































































